Amici animali

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Amici animali

amici animali di Maria Bruna Piva
Maria Bruna Piva

“Mio caro padrone, ero il più piccolo della cucciolata e tu mi scegliesti perché ti facevo tenerezza. Mi portasti in braccio fino alla tua casa confortandomi con parole dolci e carezze perché guaivo per il distacco dalla mamma e dai miei fratellini. Anche i tuoi bambini mi accolsero con gioia e, appena fui cresciuto, feci parte dei loro giochi. A poco a poco mi inserii nella famiglia e mi considerai uno di voi. Perfino il gatto mi dimostrò la sua amicizia e ogni tanto mi si strofinava addosso. Gli ringhiavo un po’ solamente quando beveva nella mia ciotola perché i suoi baffi lasciavano nell’acqua un certo odore di topo. Quando al mattino vedevo preparare borse, pacchetti, la bicicletta pieghevole, l’occorrente per il mare o per la montagna, capivo che era domenica. Mi piaceva soprattutto il grande prato, dove la gente faceva picnic e potevo correre e fare amicizia con altri cagnolini. Non amavo molto i bocconcini per cani perché non avevano lo stesso profumo che veniva dalla cucina, in compenso i bambini mi porgevano di nascosto pezzetti di prosciutto della loro merendina. Circondato dal vostro affetto e da attenzioni continue, mi sentivo veramente un cane felice. .

Ogni mattina accompagnavo fino al cancello i bambini che prendevano il pulmino per la scuola e, al ritorno, ero già lì ad aspettarli festoso come se non li vedessi da chissà quanto tempo. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, il tempo scorreva finché arrivarono le vacanze. I bambini erano gioiosi e anch’io ero lieto di poter godere della loro compagnia a tempo pieno. Successivamente però, cominciai ad avvertire un certo cambiamento nell’umore della famiglia. I bambini mi apparivano meno allegri e mi guardavano in un certo modo parlando a bassa voce. Non sapendo trovare una spiegazione a questo nuovo atteggiamento, pensai che in tutte le famiglie ci potevano essere momenti di crisi, ma che poi sarebbe ritornato il sereno. Una domenica di agosto la giornata incominciò in modo insolito: un grande viavai dalla casa alla macchina, numerosi pacchi e valigie, le vostre voci sempre più concitate. Quando poi vidi chiudere la casa, porte e finestre sprangate, quando vidi preparare acqua e cibo abbondante per il gatto, mi preoccupai e mi venne un po’ d’ansia. Forse questa volta mi avreste lasciato a casa. Non fu così invece. Al solito richiamo, salii in macchina e presi posto fra i bagagli. Il viaggio mi sembrò più lungo del solito, uno strano silenzio sostituiva l’allegro chiacchiericcio dei bambini. Imboccaste l’autostrada e la velocità aumentò. Ma dove mai andremo questa volta? Sentii la macchina rallentare e fermarsi, la portiera si aprì e, come sempre, fui il primo a scendere. Non feci in tempo a guardarmi intorno che sentii all’improvviso la portiera richiudersi e la macchina ripartire e allontanarsi velocemente. Ma come, non vi eravate accorti che io ero rimasto a terra? Cercai di inseguirvi correndo a più non posso finché la macchina fu solo un punto nero nella lontananza infinita. Intanto altre macchine mi sfrecciavano vicino e, per evitare di essere investito, mi scostai dal ciglio della strada. Certamente, accorgendovi della mia mancanza, sareste tornati indietro a prendermi. Mi stesi sull’erba in una vana attesa finché arrivò il buio, Mi sentivo smarrito, preso dallo sconforto e dalla paura, ma per la stanchezza e lo sfinimento, mi addormentai. Verso le prime ore del mattino la ripresa del traffico mi svegliò e mi resi subito conto della situazione. Dovevo trovarmi un rifugio, sentivo una grande sete. Guardandomi intorno, vidi nel verde della campagna una casa. Camminando adagio e con circospezione, saltando fossi dal fondo fangoso e intricandomi nei rovi, arrivai nei pressi di un cortile che era già giorno. Seminascosto tra le piane, osservai una donna che stava attingendo acqua da un rubinetto e la versava in una larga bacinella. Aveva un’espressione calma e familiare per cui mi sentii incoraggiato a proseguire. Come mi vide, cane assetato che guardava con desiderio il recipiente pieno d’acqua, si scostò per lasciarmi bere e diede una voce in casa. Sentendo chiamare, uscirono prima i bambini, poi il marito che guardandomi disse: – Si tratta senza dubbio di un cane abbandonato, non è la prima volta che capitano qui dall’autostrada. Si vede che ha fame, dategli qualcosa da mangiare -. Certo che avevo fame, ma un nodo alla gola non mi permetteva di deglutire. L’uomo aggiunse: – Cosa dobbiamo fare? L’altra volta ci siamo rivolti al canile ma, visto che i bambini sono cresciuti, teniamolo questo cane, giocherà con loro e farà la guardia alla casa -. A poco a poco, non senza difficoltà, mi adattai alla nuova famiglia, ad altre abitudini, a un cibo diverso. Mio caro padrone, un’ultima cosa devo dirti: pure nutrendo grande riconoscenza verso coloro che mi hanno ospitato, dentro di me c’è sempre l’attesa, la speranza che tu mi ritrovi e mi riporti nella tua casa, fosse anche l’ultimo giorno della mia vita”. (Il tuo fedele cane Ron)

Racconto tratto da Amici animali, agile volumetto a difesa degli animali abbandonati o condannati alla vivisezione, dal quale è tratta questa “Lettera di un Cane Abbandonato” impaginato dalla GFP di Azzano Decimo e impreziosito in copertina da un dipinto giovanile di Mario Venzo.

La dedica introduttiva, di Amici animali, dell’autrice, Maria Bruna Piva, è tutta dalla parte dei cani randagi, abbandonati dai loro padroni, raccolti in canili lager, condannati alla vivisezione.
Dalla parte delle bestie maltrattate e sfruttate oltre le loro possibilità, strappate all’ambiente naturale e tenute in cattività, dalla parte dei galli allenati per una lotta mortale, dei cavalli destinati a sudare sangue per il buon esito di una scommessa.

 

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